Apprendimento cooperativo a distanza educare alla cooperazione ai tempi del coronavirus

Da anni mi propongono di condurre webinar relativi al cooperative learning, ma ho sempre rifiutato. La considero una contraddizione in termini, un paradosso non accettabile, nel momento in cui, tramite una conduzione delle lezioni che rende sostanzialmente passivi i discenti, si cerca di indurre a pensare che un metodo attivo per gli studenti sia migliore.

Come ci spiega Paulo Freire: “Come insegnante in un corso di formazione docente non posso esaurire la mia pratica discorrendo sulla teoria della non trasferibilità della conoscenza. Non posso soltanto fare dei bei discorsi sulle ragioni ontologiche, epistemologiche e politiche della teoria. Il mio discorso sulla teoria deve esserne l’esempio concreto, pratico. … Altrimenti mi ingarbuglio nella rete delle contraddizioni in cui la mia testimonianza, non essendo autentica, perde efficacia.” (Freire, 2004)

Un webinar può essere tuttalpiù un momento informativo, introduttivo ad una vera formazione esperienziale e laboratoriale.

Coronavirus: sfida ad insegnare online con il cooperative learning

Ai tempi del coronavirus però le lezioni in presenza, considerate uniche possibili per lo svolgimento di una vera formazione sul cooperative learning, sono diventate irrealizzabili.

Così, nei giorni in cui
ci si tiene lontani, chiusi in casa;
nei giorni in cui
si passa lungo i marciapiedi rasente i muri per evitare chi dovesse uscire da un’auto;
in quei giorni in cui
se si incontra qualcuno si scende dal marciapiede, camminando in mezzo alla strada per mantenere la massima distanza possibile;
in questi giorni sconcertanti, che allontanano le persone,
occorre fare di necessità virtù
e pensare a come
sia possibile
educare comunque alla cooperazione,
tanto indispensabile anche in questi giorni,
per indurci ad adottare comportamenti che proteggano, non solo noi stessi,
ma anche tutta la comunità in cui viviamo.

Sull’importanza della cooperazione a livello globale segnalo peraltro l’interessante l’articolo di Yuval Noah Harari, dove tra l’altro si legge:

La seconda scelta importante che affrontiamo è tra l’isolamento nazionalista e la solidarietà globale. Sia l’epidemia stessa che la conseguente crisi economica sono problemi globali. Possono essere risolti efficacemente solo attraverso la cooperazione globale.”

E ancora:
I paesi attualmente meno colpiti potrebbero inviare personale medico nelle regioni più colpite del mondo, sia per aiutarli nell’ora del bisogno, sia per acquisire preziose esperienze. Se più tardi al centro dei cambiamenti dell’epidemia, l’aiuto potrebbe iniziare a fluire nella direzione opposta.”

Conclude scrivendo:
L’umanità ha bisogno di fare una scelta. Percorreremo la via della disunione o adotteremo il percorso della solidarietà globale? Se scegliamo la disunione, ciò non solo prolungherà la crisi, ma probabilmente porterà a catastrofi ancora peggiori in futuro. Se scegliamo la solidarietà globale, sarà una vittoria non solo contro il coronavirus, ma contro tutte le future epidemie e crisi che potrebbero assalire l’umanità nel 21 ° secolo.”

Non possiamo quindi rinunciare ad educare alla cooperazione proprio adesso che, in un momento di estrema difficoltà è ancora più necessaria. Una cooperazione globale può realizzarsi infatti solo a partire da una massa critica di cittadini che credono in essa e sanno realizzarla.

Un’esperienza di cooperative learning a distanza

Così, in un laboratorio da svolgersi presso l’Università degli Studi di Torino, ho pensato a cosa fare per realizzare qualcosa che fosse il più possibile vicino ad una vera formazione su apprendimento cooperativo e inclusione.

La soluzione è piuttosto complessa, ma tutto sommato, a questo punto, seppur con più fatica rispetto ad una lezione in presenza, realizzabile.

La lezione in cooperative learning è stata organizzata con le seguenti attenzioni:

  1. I momenti di lezione in plenaria gestita, comunque in forma dialogica, sono stati realizzati attraverso software di videoconferenza quali Google Meet o Webex, ma potrebbero essere utilizzate anche altre applicazioni simili. E’ essenziale che esse permettano la condivisione dello schermo, per consentire la visualizzazione di diapositive proiettate dal docente.
  2. Sono stati creati dei documenti condivisi on line, in particolare un “Documento di Sintesi”, dove sono stati riportati i risultati dei confronti all’interno dei piccoli gruppi cooperativi. Una tecnica cooperativa associabile a tale è esperienza è la Tavola Rotonda
  3. Per quanto riguarda la formazione dei gruppi il docente, dopo aver chiesto l’autorizzazione per ragioni di privacy, ha inviato a tutti gli studenti, via e-mail, un elenco con la suddivisione per gruppi già realizzata e a fianco gli indirizzi email, indicando che il primo di ogni gruppo contattasse gli altri, concordando le modalità di realizzazione della videochiamata di gruppo.
  4. I piccoli gruppi da 4-5 persone sono stati gestiti attraverso applicazioni di videochiamata diverse da quella principale utilizzata nella plenaria: in genere WhatsApp o Skype. I lavori sono stati svolti, per esempio, in Learning Together. Al termine dei lavori, i piccoli gruppi dovevano produrre una risposta ad una domanda, posta dal docente all’inizio della lezione. La risposta doveva essere concordata alla luce
    – delle letture proposte,
    – della riflessione sull’esperienza di lavoro in gruppo realizzata durante l’incontro
    – del dibattito interno al piccolo gruppo.
    Le risposte di ogni gruppo alla domanda sono state riportate nel Documento di Sintesi rendendole così visibili a tutti.
    E’ stato chiesto poi di procedere ad un momento di revisione del lavoro facendo emergere criticità e aspetti positivi del lavoro svolto.
  5. Conclusione: il docente ha potuto osservare la creazione del documento condiviso in diretta. Quando ha visto che tutti i gruppi avevano finito,ha riaperto la plenaria e chiesto ad un membro a caso di ogni gruppo di esporre i risultati del lavoro del suo gruppo e ad un altro i risultati della revisione meta cognitiva. In questo modo, ha ottenuto il coinvolgimento attivo di molti studenti anche nei momenti in plenaria.

Non è sicuramente un’esperienza equivalente ad una lezione in presenza – in cui l’interazione faccia a faccia, senza la mediazione di uno schermo, permette una comunicazione non verbale più efficace- ma si tratta di quanto più vicino ad un vero lavoro cooperativo io possa immaginare.Ritengo che, con un po’ di fatica iniziale, si possa realizzare anche a scuola.

Possiamo così contribuire ad evitare la perdita di ogni contatto umano e delle abilità sociali necessarie alla cooperazione, ancora più indispensabili ai tempi del Coronavirus e di ogni situazione difficile.
Abbiamo inoltre la possibilità di sviluppare competenze tecniche che potranno aiutarci a raggiungere chi non riuscivamo a contattare. E chissà che non se ne esca fuori come persone migliori.

Nella speranza che si interrompa presto questa drammatica situazione, che sta portando sofferenza in tante famiglie a cui va il nostro pensiero.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Freire P. (2004), Pedagogia dell’autonomia, Edizioni Gruppo Abele, Torino.
Yuval Noah Harari: the world after coronavirus”, Financial Times, 21/03/2020 https://www.ft.com/content/19d90308-6858-11ea-a3c9-1fe6fedcca75

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