Apprendimento cooperativo e inclusione

Rimuovere gli ostacoli accogliendo la diversità

Un allievo con disabilità cognitiva di livello medio, uno appena arrivato in Italia che avrebbe bisogno di un corso intensivo di lingua italiana, due con disturbo specifico di apprendimento, uno con molte difficoltà ma che i genitori non vogliono portare ad una visita dalla NPI, uno con problemi di comportamento temuto dai compagni già dai tempi della scuola primaria, tutti gli altri con una presunta normalità ed una sicura necessità educativa personale.

Ah, dimenticavo: i tre quarti degli alunni della classe non sono di origini italiane, ma d’altra parte questo è un dato irrilevante dal punto di vista del buon andamento della didattica.

Diversità e inclusione

Se poi gli insegnanti la sanno valorizzare questa è una ricchezza che può contribuire in modo molto positivo alla crescita umana e al processo di apprendimento di tutti gli alunni.
Purtroppo ci sono scuole che non hanno classi così. Purtroppo, in alcuni casi, perché, in violazione della legge, fanno di tutto per dirottare i “diversi” in altre scuole.
Purtroppo perché, così facendo, violano i diritti di quei bambini più fragili in nome della velocità del programma e del buon nome della scuola (fortunatamente rare, ma esistono ancora situazioni così).
Purtroppo per loro, perché non sanno cosa si perdono. Non conoscono la ricchezza di una classe variegata e piena di stimoli dove, senza allontanarsi da casa, si può conoscere il mondo.
Ci sono invece scuole dove queste sono classi normali e ce ne sono altre ancora più complesse. Classi dove gli insegnanti vengono derisi, i compagni più fragili sono vittime di bullismo, dove “fare lezione” è una locuzione più vicina ad un eufemismo che alla realtà, dove quando si entra si ha l’impressione di accedere ad una gabbia di leoni affamati e da dove molti insegnanti escono stravolti ed alcuni in lacrime.
Ma, allora, hanno ragione le scuole che ostacolano le iscrizioni dei diversi!
No. Decisamente no.

La Costituzione per l’inclusione

La Costituzione ci chiede di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che … impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione” alla vita democratica del Paese, affinché si possa realizzare i principio che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione…”

I dati sull’abbandono scolastico

Coloro che abbandonano precocemente la scuola corrono il rischio di non avere una vita soddisfacente e di intraprendere percorsi devianti, che possono arrivare a costituire un pericolo per se stessi e per gli altri.

Gli ultimi dati ISTAT rivelano quanto segue.

Nel 2017 le uscite precoci dal sistema formativo risultavano in leggero aumento: i giovani di 18-24 anni con la licenza media che non sono inseriti in un percorso di istruzione o formazione sono il 14% (erano il 13,8% nel 2016). La quota dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano (Neet) rimane molto elevata, mostrando valori simili a quelli dell’anno precedente (24,1%). (ISTAT, 2018)

Le evidenze scientifiche

Le evidenze scientifiche (Hattie, 2012) ci aiutano a capire che laddove si trova più eterogeneità si impara meglio rispetto alle situazioni in cui si creano classi o gruppi separati per allievi “dotati” e per allievi con difficoltà di apprendimento.

Essere umani

Inoltre, non certo ultima considerazione per importanza, gli allievi, eccellenti o meno, che non entrano mai in contatto con compagni che hanno bisogno di aiuto non sviluppano quelle competenze sociali che più di ogni altra sono importanti per aiutare a crescere come esseri umani e non solo come macchine da lavoro. Non è infatti importante avere solo professionisti ben preparati e competenti nello svolgimento del proprio lavoro, ma ancor più è fondamentale avere persone dotate di valori umani, che siano in grado di rispettare la dignità personale e i diritti di ogni essere umano.

L’apprendimento cooperativo

Come entra in gioco l’apprendimento cooperativo? Come andare nella direzione di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale”, evitare la dispersione scolastica dei ceti sociali più deboli, garantire i migliori apprendimenti possibili a livello di eccellenza e sviluppare le abilità sociali formando degli esseri umani dotati di senso dell’umanità?
Nella classe descritta all’inizio se la situazione non è diventata come quella delle classi definite come “ancora più complesse” è perché ci si è posto il problema di cosa fare se non tutti riescono ad apprendere con quella che è la modalità di conduzione delle lezioni più diffusa: la lezione frontale e trasmissiva.
Anche senza escludere la possibilità di utilizzare lezioni frontali, dovrebbe apparire evidente che, se ho tanti allievi diversi gli uni dagli altri, devo prospettare anche tanti diversi approcci epistemologici e tanti diversi modi di condurre le lezioni.
L’apprendimento cooperativo -non essendo un metodo unico, ma un insieme di metodi che afferiscono a principi comuni- offre una vasta gamma di possibilità, ma soprattutto crea l’opportunità di trasformare le diversità in risorse per il gruppo e di creare classi in cui lo spirito di solidarietà è un valore ben presente e costantemente applicato.
In queste classi la gestione della disciplina non assume i contorni di una difficile gestione dell’ordine pubblico con sistemi repressivi, ma si delinea come costruzione di relazioni basate sulla partecipazione diretta al processo di apprendimento, che rendono i provvedimenti disciplinari superflui o molto rari, in quanto sostituiti dall’interesse per le attività che si svolgono e dall’importanza del prendersi cura dei compagni.
A livello di macrosistema l’applicazione di questi principi porterebbe a politiche meno repressive e più partecipative, che garantirebbero condizioni di sicurezza probabilmente maggiori, considerando anche la minore recidiva dei detenuti coinvolti in attività lavorative e costruttive.

Cosa fare in pratica con il cooperative learning

Per essere più concreti: entro nella classe dove svolgo la funzione di insegnante di sostegno e scopro che l’insegnante curricolare è assente oppure sono l’insegnante curricolare in un’ora in cui non è presente l’insegnante di sostegno (naturalmente se gli insegnanti sono due, insegnante curricolare e di sostegno, la situazione è ancora più semplice, ma visto che una delle obiezioni che mi viene fatta più frequentemente è che io, come insegnante di sostegno, sono sempre in compresenza, volevo dare un esempio di ciò che invece succede molto spesso). A questo punto dovrei riuscire a svolgere le funzioni di insegnante curricolare, di sostegno e di lingua italiana per l’allievo appena arrivato in Italia. Senza dimenticarmi le specifiche esigenze degli allievi con DSA, di quelli con difficoltà non diagnosticate e di quelli con problemi comportamentali.
Una lezione frontale potrebbe essere adatta solo ad alcuni di questi allievi.
Quindi cosa faccio?
Svolgo una lezione solo per i più forti e dimentico gli altri?
Oppure mi occupo solo dei più deboli lasciando annoiare i più dotati?
Forse posso avvalermi della risorsa classe creando condizioni di aiuto reciproco: per esempio chiedo loro di correggere i compiti confrontandosi con i compagni di banco e nel frattempo predispongo i materiali specifici per l’allievo con disabilità e per l’allievo che deve imparare l’italiano, spiegando loro cosa fare.
In alcune coppie non riescono a capire alcuni esercizi. Propongo allora di formare dei quartetti per verificare come l’esercizio è stato eseguito da altri compagni.
Intanto ho individuato gli argomenti da studiare insieme (come insegnante di sostegno non li avevo preparati prima in quanto non sapevo di essere solo in classe).
Verifico che tutti abbiano svolto correttamente gli esercizi chiedendo a caso ad alcuni allievi cosa hanno scritto (Teste Numerate di Spencer Kagan). Se tutti hanno compreso l’esecuzione procedo con un argomento nuovo (se sono insegnante curricolare), altrimenti propongo un ripasso degli argomenti che non sono ancora stati completamente acquisiti.

In ogni caso chiedo alla classe di formare gruppi da tre o da quattro (stabiliti da me in precedenza) proponendo la struttura di lavoro Matite sul Tavolo (variante di Teammates Consult di Spencer Kagan):

  • a turno ogni membro del gruppo legge un capoverso e un altro svolge funzioni da moderatore;
  • quest’ultimo sottolinea a matita i concetti chiave e chiede ai compagni se sono d’accordo in merito alle parole scelte e sottolineate;
  • quando tutti sono d’accordo chiede di prendere tutti le matite in mano e sottolineare quanto concordato;
  • al termine del paragrafo si costruisce insieme uno schema o una mappa concettuale, anche in questo caso proponendo a turno quali concetti chiave e quali parole legame inserire.

Se chiedo di utilizzare strumenti informatici o un cartellone con una grafica elegante rendo protagonisti anche coloro che sono più abiliti in questi ambiti e magari meno nella lettura.
L’allievo che non conosce l’italiano annota alcune parole, relative ai concetti chiave, sul suo quaderno, cercando la traduzione nella sua lingua aiutato da compagni che conoscono la sua lingua o dall’insegnante. L’allievo con disabilità, come tutti, contribuisce a comprendere il testo, con l’aiuto dei compagni, così come gli altri allievi con difficoltà di apprendimento.

Creare subito un clima positivo

Gli allievi erano stati aiutati fin dai primi giorni di scuola a vedere la classe come un luogo accogliente, tramite giochi di conoscenza e di educazione alla cooperazione.
Questa visione era stata consolidata giorno dopo giorno con un atteggiamento, da parte degli insegnanti, rivolto a non mortificare in caso di errore, ma piuttosto a spiegare costantemente che “sbagliando si impara” e, siccome la scuola è il luogo dove si impara molto, è normale fare tanti errori; nessuno deve quindi essere deriso per i propri errori, ma piuttosto deve essere aiutato a migliorare. E i voti non sono la cosa più importante della scuola, sono solo una conseguenza necessaria (fin quando verrà considerato indispensabile a livello normativo il loro nefasto utilizzo anche nella scuola del primo ciclo), ma secondaria. Ciò che è davvero importante è imparare. Il voto viene dopo.
Ogni giorno qualche attività cooperativa che richiede l’aiuto reciproco conferma, nei fatti, che gli insegnanti considerano fondamentale la capacità di aiutarsi e di sviluppare relazioni basate sulla solidarietà.
Così, giorno dopo giorno, il temibile bullo si rivela la persona fragile che ha bisogno di essere valorizzata e coinvolta nelle attività e nei giochi; l’allievo con disabilità compie progressi, derivanti dall’imitazione dei compagni, che probabilmente mai sarebbe riuscito a realizzare da solo fuori dalla classe con il suo insegnante di sostegno; tutti gli studenti si sentono protagonisti nel condurre il gruppo come moderatori (realizzando il principio di leadership distribuita) e soprattutto sono motivati a perseverare nello sforzo di comprendere senza arrendersi alle difficoltà grazie all’aiuto dei compagni e degli insegnanti, che svolgono il ruolo di allenatori e guide lungo il percorso che conduce verso la capacità di pensare e di cooperare.
Purtroppo quelle scuole che ostacolano i più deboli invece di rimuovere gli ostacoli, violando la legge e l’etica, non possono vivere tutto questo. Fanno così perdere ai loro allievi quelle importanti occasioni di apprendimento e di crescita umana che derivano dal confronto con la ricchezza della diversità.

Bibliografia
Hattie J. (2012), Visible Learning for Teachers, Routledge, New York.
ISTAT, BES 2018 Il benessere equo e sostenibile in Italia.
Kagan S. (2007), L’apprendimento cooperativo: l’approccio strutturale, Ed. Lavoro,Roma.

Volumi dell’autore
Berretta C. (2016), Proposte per una scuola inclusiva. La teoria e la pratica per una riforma condivisa, Aracne Editrice, Roma.
Berretta C. (2016), La scuola di Davide, Aracne Editrice, Roma.
Berretta C. (2013), BES e Inclusione. Bisogni educativi “Normalmente Speciali”, Ed. La Tecnica della Scuola, Catania.
Berretta C. (2011), Professore… lei è felice?, Per una scuola di tutti: racconti e riflessioni, Aracne Editrice, Roma.

Articolo precedente
Capire la classe: principi generali per un’osservazione efficace
Articolo successivo
Il diritto di parola e l’equità: qualcosa su cui discutere

Formazione