Educa-tè: dall’integrazione all’inclusione attraverso i genitori

Integrazione e inclusione nelle scuoleScrivo alla fine di un mese/anno che non lascia ben sperare intorno al tema dell’integrazione. Ma scrivo perché penso che solo immaginandola migliore, la realtà inizia a cambiare.

Scrivo perché la mente è l’unico spazio di libertà anche nei regimi totalitari, anche nei luoghi di reclusione, anche laddove l’oggi sembra disattendere ogni speranza, scrivo perché sono una inguaribile idealista, concreta ed appassionata.
Questo è il resoconto di una esperienza di inclusione reale – perciò possibile – attuata in un territorio del comune di Treviso negli ultimi cinque anni.

C’è un po’ di storia, dunque alle spalle e c’è la speranza di futuro.
Si tratta di una attivazione della risorsa sociale genitori per offrire occasioni di scambio tra padri e madri italiani e stranieri sulle proprie esperienze di vita, sulle prassi educative nei confronti dei figli, sulle modalità di uso dei servizi per promuovere relazioni, coesione, mutuo aiuto, cittadinanza attraverso la scuola e i genitori rappresentanti di classe.

Il contesto e il bisogno di costruire integrazione

L’idea è quella di costruire momenti di incontro legati ai bisogni comuni dei partecipanti per permettere a persone di diversa nazionalità di conoscersi e creare quelle relazioni che fanno sentire “casa” il proprio territorio.
Il contesto in cui si situa l’esperienza è il territorio dove ha sede un Istituto Comprensivo situato un Quartiere caratterizzato da alta densità abitativa di persone straniere (50% italiani anziani – 50% stranieri). Ci sono molte case popolari frequentemente abitate da persone di altre nazionalità (prima negli anni 80’ di provenienza africana, poi successivamente Kosovari, Albanesi, Moldavi ed infine Cinesi). Gli italiani in tale contesto hanno mostrato spesso problemi di comunicazione con i “nuovi arrivi”. Le differenze tra immigranti ed autoctoni sono evidenti in molti campi: l’interpretazione dei comportamenti non-verbali, i differenti gusti in fatto di cibo, le varie reazioni rispetto agli odori personali della pelle, le differenti abitudini religiose ed infine la convinzione che “gli stranieri portino via il lavoro agli italiani”.
Le differenze sono manifeste e spesso gli alunni figli di immigrati vengono esclusi a causa dei pregiudizi ascoltati ed assorbiti nel contesto familiare. In tale contesto è stato necessario avere uno strumento per far crescere la “sensibilità interculturale”, fatta di quegli atteggiamenti di curiosità, rispetto ed apertura verso l’altro che permettono la reciproca conoscenza e la capacità di comunicare in maniera efficace tra persone di culture diverse.
Ci siamo chiesti come favorire l’integrazione e quindi incoraggiare l’incontro reciproco e l’inclusione.

Spazi condivisi di relazione e comunicazione come mezzo d’integrazione e inclusione sociale

E’ ovvio che la risposta relativa a queste due domande, “integrazione” ed “incontro/inclusione” non può che portare ad interventi di interazione: si può accogliere, si può favorire l’inclusione solo se si organizzano spazi di comunicazione, di relazione.
È stato quindi necessario pensare a percorsi educativi dentro e fuori la scuola che, fondandosi sulla relazione in quanto potenziale di sviluppo integrale della persona, sviluppassero la responsabilità, la cura, la fiducia, l’interdipendenza positiva. (Perticari, 2008)
I protagonisti dell’esperienza sono stati:

  • un gruppo di genitori denominato “Scuola e Territorio” motore dell’iniziativa,
  • i genitori abitanti nel quartiere
  • i loro figli, studenti dai 3 ai 13 anni,
  • gli insegnanti di scuola primaria e secondaria
  • le associazioni di volontariato del territorio rivolte ad anziani, donne immigrate, giovani.

Si è partiti dal presupposto che fosse necessario includere anche almeno un genitore per condividere l’esperienza di esprimere sentimenti, bisogni, relazioni in una lingua nuova.
Infatti un familiare che può procedere di pari passo con il figlio nel processo di acquisizione linguistica permette di superare la questione di un minore che acquisisce due lingue contemporaneamente: con i pari a scuola e con i parenti in casa, vivendo una alternanza comunicativa che spesso disorienta
Molte ricerche dimostrano come il conflitto con la figura materna, nello specifico, può far nascere sentimenti di odio nei confronti della scuola e produrre di conseguenza strategie di evitamento e di scarsa partecipazione alle attività di classe; mentre la dipendenza dalla figura materna stessa si caratterizza invece come segnale di scarsa maturità e solitudine, generando in egual misura un atteggiamento inadeguato nei confronti della scuola (Birch & Ladd, 1997). Aiutare genitori e figli ad esprimere emozioni nella stessa lingua, quella del paese in cui si vivono tutte le relazioni quotidiane, è diventato un obiettivo realizzato con diverse iniziative.

Il progetto e le iniziative per l’integrazione

L’idea alla base di tutte è stata quella di costruire diversi momenti di incontro legati ai bisogni comuni dei partecipanti per permettere ai diversi gruppi sociali di incontrarsi, conoscersi e creare rete sociale.
Il progetto nato da 5 anni si è articolato in diverse azioni lungo ogni anno scolastico.
Innanzitutto si è realizzata la progettazione, pianificazione e realizzazione di iniziative come:

  1. Cucina nelle case, attività di condivisione del cibo e della sua preparazione tra genitori appartenenti alle stesse classi. In genere si uniscono 4 o 5 famiglie. In queste occasioni si è spesso parlato delle proprie storie di emigrazione e di vita nel quartiere.
  2. Per gioco, momenti di gioco nei parchi delle scuole in primavera per imparare giochi da tutti i paesi del mondo rivolto ai bambini dai 3 ai 10 anni.
  3. Educa…tè, momenti di confronti educativo tra genitori allietati da tè marocchino e dolci di ogni parte del mondo utilizzando le strutture di Cooperative Learning come strumento per facilitare la curiosità e l’empatia e raggiungere uno scambio vivo ma rispettoso.
  4. Educa..tè per la pace, momento di confronto sulla gestione dei conflitti utilizzando le Carte Metaforiche, cioè con immagini evocative e simboliche – nel nostro caso immagini di ponti. Attraverso esse si è potuta osservare la realtà oltre i confini familiari, scoprire decisioni significative, sviluppare intuizioni, ascoltare in modo empatico e condividere sentimenti profondi e autentici, permettere a noi di stessi di perdere la strada e trovare il ponte che ci muove verso un posto sicuro ma nuovo, scoprire opportunità per eliminare barriere e accogliere i cambiamenti.
  5. E…vento di maggio, momento conclusivo di raccolta di tutti i prodotti svolti da scuole e associazioni durante l’anno scolastico e di festa collettiva.

Per arrivare alla costruzione di questi momenti è stato necessario l’avvio di incontri per coinvolgere i genitori a partire dalla scuola, di riunioni con i referenti della scuola primaria e secondaria di primo grado per un coordinamento e la realizzazione della promozione attraverso gli studenti stessi dell’IC.
In secondo luogo si sono effettuate attività di studio assistito e lo sviluppo di laboratori teatrali e musicali utilizzando tecniche di Cooperative Learning per la scuola secondaria di primo grado.
Infine vi è stata la messa a punto di uno Spazio di supporto educativo – sia individuale che di gruppo – alle famiglie con figli adolescenti, puntando al coinvolgimento in particolare di genitori stranieri nel quartiere.
Abbiamo costruito questo percorso con l’apporto di molti genitori, volontari ed insegnanti partendo dalla convinzione che “si acquisisce una seconda lingua, cosi come avviene per la lingua materna, soprattutto attraverso il suo uso quotidiano nelle relazioni, e meno attraverso i corsi di lingua, utili più a creare occasioni di scambi relazionali e di input ricco e calibrato, che ad “insegnare” lingua. La lingua si acquisisce, non si insegna.” (Alan Pona, 2016).

Ciò che è avvenuto sotto i nostri occhi è stata la lenta ma costante trasformazione delle relazioni da scambi per l’integrazione a relazioni di inclusione. Ciò che differenzia queste due posizioni è senz’altro la prospettiva del genitore/studente da persona che deve essere assimilata, diventare uguale agli altri a persona che trasforma e cambia il territorio in cui vive in un processo di dialogo costante e continuo con la scuola, l’ente locale e le associazioni ivi operanti per rispondere ai problemi proposti dai nuovi scenari mondiali.
Riteniamo la prospettiva dell’inclusione la finalità comune da reinventare per gli anni a venire.
Ancora una volta, sarà dunque grazie alla traduzione concreta che del concetto di inclusione verrà fatto e sperimentato giorno dopo giorno dagli abitanti di un certo territorio (siano essi insegnanti, genitori o studenti) che la scuola potrà rispondere in maniera più efficace ai cambiamenti che l’attraversano.
È una scuola che non può continuare a gestire i cambiamenti frammentando i dispositivi e moltiplicando le pratiche, il “fare per il fare”, ma che definisce un orizzonte comune, amplia lo sguardo, immagina e costruisce il futuro insieme. Perché, come si legge nelle Indicazioni: “non basta convivere nella società, ma questa stessa società bisogna crearla continuamente insieme”.

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