Mindfulness a scuola: a chi è utile e perchè

Quando parliamo di “Mindfulness a scuola” pensiamo, in prima istanza, alla possibilità di insegnarla agli studenti, perché probabilmente abbiamo sentito dire che apporta numerosi e comprovati benefici ed è utile all’apprendimento e nei problemi comportamentali.

Eppure, succede che gli insegnanti, che si avvicinano per la prima volta a questa tematica, lo facciano spinti da un desiderio e da un bisogno, più o meno recondito, di conoscere una tecnica utilizzabile a livello personale, per trovare rimedio a malesseri e disagi come stress, ansia, insoddisfazione.

La Mindfulness, infatti, può essere utile tanto agli studenti che agli insegnanti; infatti per insegnarla è necessario conoscerla e praticarla, ma è pur vero che insegnarla è già una forma di pratica.

Si tratta solo di cominciare!

Mindfulness: di che cosa si tratta in pratica

Si tratta di una meditazione, definita meditazione di consapevolezza (Vipassana, in lingua pali), disciplina che si sostanzia in una pratica assidua.

Affonda le sue radici nella tradizione millenaria della meditazione buddhista.

Consiste nel prestare attenzione in modo intenzionale, consapevole e non giudicante all’esperienza che accade nel momento presente, nel qui e ora, momento per momento. Il presente rappresenta, in un certo senso, l’unico momento che esiste. Paradossalmente però, proprio il presente è il momento a cui ci dedichiamo di meno, sempre occupati come siamo con la mente a ricordare il passato o ad anticipare il futuro (T.N.Hanh, 1992).

Le abilità che emergono quando si coltiva costantemente la Mindfulness sono: la gentilezza, la compassione, l’apertura del cuore e la gratitudine.

Non si tratta tuttavia di una pratica religiosa né essa dipende da ideologie o sistemi di credenze. Scissa dalle sue origini, rimane una pratica mentale e psicologica, oggi supportata da una sostanziosa mole di ricerche scientifiche che ne comprovano l’efficacia per il benessere psicofisico. A partire dagli anni ’70 infatti viene adottata dalla medicina occidentale, come tecnica per contrastare il dolore cronico causato da patologie fisiche importanti.

Proprio un medico, J.Kabat-Zinn, ne ricava un vero e proprio protocollo d’intervento contro il dolore e contro lo stress e la introduce ufficialmente nel filone delle terapie psicoterapeutiche cognitivo-comportamentali. In comune con il cognitivismo, ha l’interesse per il ruolo che i pensieri giocano su emozioni e comportamenti: l’obiettivo è di aiutare gli individui a non identificarsi completamente con i propri pensieri, emozioni e dolori, così da non rimanerne schiavi e imparare invece a direzionarli, gestirli, accettarli, attraverso la consapevolezza, l’attenzione intenzionale, la libertà dal giudizio.

Perché la mindfulness è utile agli insegnanti?

Il lavoro dell’insegnante è fortemente stressante per una serie di ragioni.

La principale è la difficoltà relazionale.

Si ha a che fare con i colleghi, col personale di segreteria, con la dirigenza e soprattutto con numerosi studenti. Non sempre si riesce a stabilire un buon contatto con tutti e può accadere che prevalgano le emozioni negative legate al contesto. Si giunge al punto di star male alla sola idea di entrare a scuola o in classe.

In questo caso la Mindfulness può operare a livello individuale sul docente, che affronta il suo problema fuori dall’aula, per recuperare energia e calma, ma può essere anche utile se la meditazione viene proposta e praticata assieme agli studenti. Così realizzata può introdurre nella relazione e nel clima di classe quei cambiamenti di cui il docente ha bisogno per ripensare la propria attività professionale. Proporre la mindfulness in classe può avvenire in un secondo momento, quando il docente ha già avuto modo di sperimentare la pratica e padroneggiarla (Vigilante, 2017).

Perché la mindfulness è utile agli studenti?

Perché promuove inclusione e benessere.

Nella normalità la Mindfulness agisce su:

  • Rendimento scolastico e attenzione, con ricadute positive sul senso di autostima dei ragazzi;
  • Reattività negli impulsi: perché rafforza l’autoregolazione e contrasta comportamenti violenti;
  • Clima di classe e cooperazione: in quanto stimola i comportamenti prosociali, l’empatia e l’intelligenza emotiva;
  • Consapevolezza personale ed etico-sociale: dato che promuove la conoscenza di se stessi come parte di un universo in evoluzione.

In questo periodo di COVID, uno studio condotto in Italia dall’Istituto Gaslini di Genova sui sintomi nei bambini dopo il lockdown, attraverso una analisi dei dati relativi alle famiglie con figli minori di 18 anni a carico, ha rilevato che nel 65% di bambini di età minore di 6 anni vi sono stati sintomi di regressione delle problematiche comportamentali come aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno e d’ansia; mentre nel 71% dei bambini e ragazzi tra i 6-18 anni si sono rilevati comportamenti come disturbi d’ansia e somatoformi, come la sensazione di mancanza d’aria e disturbi del sonno.

In particolare, negli adolescenti significativa è l’alterazione osservata del ritmo del sonno con tendenza al “ritardo di fase” (adolescenti che vanno a letto molto più tardi e non riescono a svegliarsi al mattino), come in una sorta di “jet lag” domestico.

Diventa allora particolarmente importante sviluppare un «periodo di sicurezza post-traumatica», una sorta di periodo di consolidamento nell’equilibrio psico-affettivo.

In questo senso la ricerca neuroscientifica ha messo in luce come la Mindfulness abbia importanti effetti sulla morfologia del cervello, tra cui modificazioni stabili della materia grigia e bianca in diverse zone cerebrali, come le aree implicate nella metacognizione; nella consapevolezza enterocettiva ed esterocettiva; nel consolidamento della memoria; nella regolazione emotiva; nella comunicazione intra e interemisferica (Fox et al., 2014 in Montano, e Borzì, 2019).

Mindfulness: quale valore educativo?

Pensare di portare la meditazione nelle scuole, ci spinge necessariamente a porci delle domande sul suo valore educativo. A cosa serve far meditare bambini e ragazzi? Li aiuta psicologicamente? Li aiuta nell’apprendimento? Li aiuta a diventare persone migliori? La scuola è un ambiente che si presta eventualmente a questi scopi? Già nel post “Percorsi di pace: dalla consapevolezza interiore all’apprendimento cooperativo” del 2018 abbiamo parlato di esperienze di meditazione a scuola e di incroci interessanti con il cooperative learning.

Se consideriamo la meditazione come uno strumento per la risoluzione di problemi psicologi (ansia, stress, depressione) o anche come uno strumento utile al successo scolastico (per i disturbi dell’attenzione, contro il bullismo, ecc.), la stiamo considerando come un approccio del tipo “problema-soluzione”. Vale a dire che la meditazione ci fornisce una possibile soluzione a certi comportamenti-problema che si presentano in ambito scolastico. Ed è stato dimostrato che, in tal senso, essa funziona. Tale approccio, tuttavia, limita la possibilità di avviare una vera riflessione sul suo valore educativo.

Se invece attribuiamo alla meditazione anche lo scopo di metterci in contatto con dimensioni più alte e “spirituali” del nostro essere, cosa che fanno le psicologie transpersonali, allora possiamo inserire la sua pratica all’interno di una concezione dell’educazione, legata a una certa visione dell’essere umano, dei valori, della società e degli scopi che occorre perseguire attraverso l’educazione.

In questo caso, l’approccio è pienamente pedagogico, sia perché vede la meditazione come un mezzo per raggiungere una realizzazione spirituale (non intesa in senso religioso o confessionale), sia perché la apprezza come un metodo per la formazione integrale della persona, che include anche l’impegno politico e sociale.

Un esempio ne sono L’Ebac, Educazione Basata sulla Consapevolezza Umanistica di A. Vigilante (2017) e il Progetto Gaia, dell’Associazione Villaggio Globale, due programmi che portano nelle scuole l’idea che apparteniamo ad un tutto unico (il genere umano, il pianeta, l’universo) e siamo tutti interconnessi, cioè responsabili gli uni degli altri.

Si tratta infondo di attuare quelle che sono le indicazioni nazionali del curricolo: “Insegnare a ricomporre i grandi oggetti della conoscenza –l’universo, il pianeta, la natura, la vita, l’umanità, la società, il corpo e la mente e l’evoluzione in una prospettiva complessa, volta a superare la frammentazione delle discipline, e ad integrarle in nuovi quadri d’insieme”.

In conclusione, uscendo dalla logica che vede la Mindfulness come la soluzione a un problema, anche lo stress degli insegnanti può essere visto sotto un’altra prospettiva, chiedendosi come sia possibile fare una scuola che non sia fonte di stress per nessuno.

È pur vero che un docente che pratica la Mindfulness, con ogni probabilità, farà una scuola diversa, proponendo una pratica di insegnamento (mindful-teaching) che ripensi sé stessa, i propri principi, valori, metodi e finalità.

BIBLIOGRAFIA
Associazione Villaggio globale. Progetto Gaia. Programma di educazione alla consapevolezza sociale e alla salute psicosomatica (ebook disponibile sul sito www.progettogaia.eu)
Hanh T.N. (1992). Il miracolo della presenza mentale. Roma: Ubaldini Editore
Kabat-Zinn J. (1999). Dovunque tu vada ci sei già. Milano: Tea
Montano, A., Borzì, R. (2019). Manuale di intervento sul trauma. Comprendere, valutare e curare il PTSD semplice e complesso. Erickson: Trento., p. 255-256
Vigilante A. (2017). A scuola con la Mindfulness. Firenze: Terra Nuova Edizioni

Articolo precedente
5 suggerimenti cooperativi per gestire la classe: interazione promozionale anche in DDI
Articolo successivo
Esercizi di mindfulness per la scuola

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.

Formazione